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Il Padre assente

Nella nostra società occidentale si assiste ad un fenomeno sempre crescente di un modello culturale in cui la figura paterna viene ad essere mortificata e allontanata dalla famiglia.

Basti pensare alle sentenze di affidamento dei minori nelle cause di divorzio che assegnano, in genere, la tutela dei figli alla madre, alle leggi riguardanti l’aborto, che lasciano la decisione alla madre, alla visione di una società in cui lo stato riveste un ruolo di soddisfazione dei bisogni ricalcando l’archetipica figura della Grande Madre: appagatrice dei bisogni per esercitare il suo potere.

I tribunali, l’organizzazione sociale, il potere politico non sono ben disposti verso i padri e non propongono una valorizzazione della psicologia maschile.

Chi di noi non assiste, ad esempio, nel mondo del lavoro, alla concorrenza anche sleale tra colleghi promossa dalle amministrazioni aziendali a fini utilitaristici. Si fa  leva, da parte dei dirigenti,  sull’egoistico interesse personale, piuttosto che  promuovere una solidarietà di gruppo  capace di costruire solide basi a fondamento dell’attività lavorativa.

Tutto ciò comporta in coloro che non si adattano a tale schema  organizzativo, una perdita d’identità, di responsabilità, di cura di sé espressa come impegno per gli altri.

Il ruolo della psicologia maschile perde di senso nel contesto sociale attuale ripercotendosi inevitabilmente nel contesto familiare. Il padre programmato secondo il suo progetto psichico a trasmettere e formare nei figli l’io sociale, la dimensione comunitaria, dovrebbe finire  con l’insegnare l’egoismo, il calcolo e l’interesse. Pertanto, in casa, il più delle volte, il padre è silenzioso, muto, irascibile, mal disposto, scontroso, depresso, con una tendenza a regredire a livelli affettivi, ideativi e comportamentali di tipo infantile. Si presenta, molte volte, come un eterno adolescente, in perenne ricerca di rassicurazioni narcisistiche alla propria esistenza, incapace di trasmettere valori ed esperienze maturanti, limitandosi a fungere da bancomat per la moglie e i figli.

Senza addentrarci sulle cause che hanno prodotto nel tempo un tale modello culturale ci interessa sottolineare, in questa pagina, le conseguenze che da esso sono derivate determinando veri e propri quadri patologici in seno alle famiglie di oggigiorno. La depressione, l’anoressia, la bulimia con gli alti livelli di obesità, l’abuso di alcool e droghe, la scarsa capacità relazionale, l’incapacità di accettare il fallimento, la norma comportamentale fino a raggiungere manifeste esplosioni di violenza dirette o verso gli altri o verso se stessi sono solo alcune delle realtà patologiche in qualche modo collegabili all’assenza del padre.

La cronaca di questi ultimi anni ci ha informato di delitti efferati consumati tra le mura di casa  da parte  di genitori o di adolescenti. Tali ondate di violenza non possono passare inosservate soprattutto quando lo scenario è quello di una famiglia più o meno normale. Tutto ciò deve farci riflettere anche perché,  puntualmente, i vicini, i compagni di scuola, i conoscenti intervistati dai giornalisti subito dopo gli avvenimenti delittuosi manifestano la loro incredulità a riconoscere nelle persone da loro frequentate gli autori di crimini mostruosi balzati sulle prime pagine dei giornali all’attenzione dell’opinione pubblica nello sconcerto generale. Non può essere rimosso nell’inconscio collettivo una tale problematica di famiglia, pensando che ciò accade lontano da noi, che tutto ciò non può riguardare e mai riguarderà  noi, il nostro vicinato, il nostro ambito sociale. Si può correre il rischio di imputare la responsabilità di tutto ciò alla malattia mentale quasi fosse un frutto spontaneo avulso da tutto un contesto.

Si preferisce parlare di “mostro” per prendere le distanze da qualcuno che in effetti, per ciò che ha fatto, appare disumano, ma che pur sempre è e rimane un essere umano, una persona creata ad immagine e somiglianza di Dio.

L’assenza del padre non può passare inosservata. La madre non può  rivestire anche il ruolo paterno.

Nello psichismo collettivo il diritto come la razionalità, che mostra una fermezza costante, temprata dall’amore, sono attributi legati all’immagine simbolica, ma anche fisica del padre, mentre la simbiosi fusionale, precedente ogni norma e ogni diritto, consente la vita di relazione con la madre. Si pensi all’inizio della vita per ogni essere umano, all’esperienza nel grembo materno, dove l’unità madre- figlio è fusa insieme dal cordone ombelicale.

Onnipotenza e arbitrio, secondo la psicanalisi classica, sono vissuti come provocati dalla “madre cattiva”, che, nel bambino, è la figura interiore che  prende il sopravvento nella sua psiche lì dove non c’è una figura paterna capace di contenerla. Questa “madre cattiva” interiore può non avere nulla a che vedere con la madre reale, che è spesso ottima e animata dalle migliori disposizioni. Quando la figura paterna viene a mancare quale custode o viene ad essere emarginata e relegata ad un ruolo insignificante allora nella psiche del bambino  si fa spazio la figura della “madre cattiva”.

Tutto ciò determina disagio e nevrosi, con evidenti manifestazioni di incapacità ad affrontare la prova e il fallimento. Lo scenario psicologico è quello di insicurezza, di scarsa autostima, di totale incapacità di affrontare tutto ciò che comporta impegno, sacrificio, nel senso di profondere energie, risorse da investire nel tempo, per conseguire un risultato da aspettare in una fiduciosa attesa.

“Tutto e subito, senza sforzo” è il capriccio ispiratore di un tale comportamento infantile. Se la figura paterna manca, viene a mancare nella crescita e maturazione dell’individuo il rispetto della norma e la capacità di trasformare l’aggressività. Il padre è, in tutta la storia dell’umanità, il luogo simbolico e affettivo in cui l’uomo ha la possibilità di cogliere la propria dimensione comunitaria regolata dalla norma e basata sul confronto.

L’opposizione al padre, il lasciare la casa del padre non avviene fuggendo da casa, ma maturando mediante il dialogo e il confronto aperto, la propria personale affermazione.

“Il Figlio fa ciò che vede fare al padre” sottolinea il vangelo di Giovanni indicando quanto sia importante la presenza del padre nella famiglia per orientarla verso una piena ed equilibrata costruzione di rapporti maturi.

Pubblicato in Temi di riflessione
2 commenti su “Il Padre assente
  1. Lucio scrive:

    Che società! lottiamo per i diritti dell adozione per copie omosessuali, troviamo giusto che donne single si fanno inseminare tramite donazioni dello sperma, concediamo alle donne il diritto di abortire.
    E allo stesso tempo vogliamo condannare i padri assenti.
    Scusate ma non tornano i conti.

    • Rodolfo Giordano scrive:

      Grazie per l’interesse mostrato.
      Nella nostra visione umanista che parte da un’antropologia cristiana, siamo coscienti che pur nelle difficoltà e nei cambiamenti in atto, resta centrale per lo sviluppo dei figli un riferimento a un “padre” e a una “madre”. Quando una di queste due figure, per vari motivi, viene meno, (assente) lo sviluppo del figlio scientificamente non avviene in modo armonioso. Il figlio ha un valore in se che va sempre preservato: il compito dei genitori è accompagnare i propri figli in una crescita armoniosa.
      Perché tornino i conti, è necessario che i figli siano visti come dono e non come diritto e quindi proprietà esclusiva dei singoli individui che possono anche identificarsi come coppia.
      Grazie ancora e continui a seguirci.

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