La rabbia nella coppia
“Tutti pensano a cambiare il mondo ma nessuno pensa a cambiare se stesso”
[Lev Tolstoi]
Nella relazione di coppia, uomo donna, l’equivoco che molto spesso si realizza è quello di volere modificare l’altro per adattarlo ad un proprio modo di essere, ad una propria sensibilità.
Ci si concentra più su quanto ricevere, prendere dal contatto con l’altro, piuttosto che considerare quanto spendersi nell’incontro con l’altro perché sia soddisfacente, fruttuoso, ricco di interessanti sviluppi. L’atto del prendere per sé, dello stare ad osservare l’altro, ad esaminare i suoi comportamenti viene ad essere di ostacolo ad una relazione fruttuosa. Si entra nel giudizio, il più delle volte, inespresso, ma, altre volte, espresso con tutta la carica cumulata nel tempo per la repressione adottata come strategia, per evitare spiacevoli conseguenze; l’ energia diviene esplosiva per il soffocamento esercitato per quieto vivere.
In questo il primo cambiamento da attuare, per uscire da una conflittualità permanente, nell’ambito della relazione uomo donna, è il comportamento reattivo. Per comportamento reattivo s’intende ogni nostra reazione ad eventi esterni, per esempio, la rabbia, l’invidia, l’eccessiva sicurezza di sé, il senso di frustrazione, il desiderio di ribellione, l’animosità suscitata da avvenimenti che possono verificarsi nella quotidianità.
L’attenzione solo a se stessi gioca un ruolo negativo in qualsiasi incontro con l’altro; l’affermazione di sé diviene sopraffazione dell’altro, costituendo un ostacolo notevole ad un’armoniosa condivisione.
La persona che amiamo ci ferisce. Un progetto va a monte. Ci troviamo in disaccordo con il nostro partner. Ci sentiamo offesi dal comportamento di altri. Gli eventi esterni scatenano costantemente le nostre reazioni, provocando la nostra emotività impulsiva, che viene a giocare un ruolo negativo nel contatto con l’altro.
Il cambiamento di cui parla Tolstoj, nella citazione riportata sopra, consiste proprio nel guardare con consapevolezza questo nostro modo di fare, un modo profondamente umano ma incapace di realizzare un proficuo contatto con l’altro. Si aprono, in questo modo, scenari di conflitto, piuttosto che scenari di armoniosa condivisione, di fruttuosa donazione.
Possiamo individuare quale sentimento sta alla base di questo nostro comportamento reattivo che produce, in noi stessi ed intorno a noi, non poca sofferenza.
In base all’esperienza personale maturata nella vita quotidiana e nell’esercizio del counselling, ci sembra di poter collegare questa incapacità a disciplinare la nostra reattività emotiva, al desiderio frustrato; l’avvio di un tale meccanismo evolve, poi, troppo spesso, in automatico crescendo, fino all’innesco esplosivo, che altera qualsiasi contatto relazionale, indirizzandolo verso la conflittualità aperta e distruttiva.
Il desiderio di essere riconosciuti, in fondo, è questo che ognuno ricerca nell’ambito di una relazione significativa.
Che l’altro possa accorgersi di noi, del nostro esistere, che l’altro possa vederci, ascoltarci, interessarsi a noi è quanto, in fondo, ci dispone all’incontro con l’altro, il desiderio di essere amati non per le tante cose che facciamo ma perché ci siamo, esistiamo. Siamo alla ricerca di un amore gratuito, totalmente gratuito.
Tutto questo è scritto nel nostro codice genetico, fa parte della nostra natura umana, profondamente umana, è un elemento che non può essere disconosciuto, ignorato, svalutato se ci disponiamo ad incontrare gli altri.
E’ un’esigenza umana, che ci fa dire, in qualche modo, che non esistiamo se non abbiamo delle persone con cui relazionarci, che il nostro lavoro e il nostro modo di essere non hanno un senso se non si concretizzano per qualcuno che poi li apprezzerà.
Il desiderio frustrato si può trasformare in spinta in avanti oppure in regressione diventando un bisogno primario, da soddisfare secondo le logiche “del tutto e subito” oppure “dell’ora o mai più”.
Il desiderio si trasforma in esigenza da soddisfare a tutti i costi e, nella relazione a due, uomo donna, diventa un attivarsi nell’efficientismo del fare cose su cose nella vita quotidiana, perdendo di vista la piacevolezza di esserci, di essere coppia. La routine prende il sopravvento riducendo e spegnendo le occasioni, nella coppia, per un contatto costruttivo, per uno scambio armonioso e per una piacevole reciprocità.
Ci si concentra su se stessi, in ascolto di questo bisogno crescente di riconoscimento, che impedisce di vedere l’altro per come si propone nella relazione e incominciando a valutarlo unicamente per l’impegno profuso per appagare questo bisogno impellente da soddisfare.
Si diventa esigenti, intransigenti, risentiti se non c’è soddisfazione di questo bisogno; dal risentimento si passa alla rabbia e così si va stratificando rabbia nel nostro cuore, tanto da sostituirsi a qualsiasi altro sentimento. La rabbia acceca, si dice comunemente, nel senso che impedisce di vedere in maniera equa le cose, di valutarle in maniera imparziale.
In tante occasioni di conflitto, si può presentare il conto all’altro per tutte le frustrazioni accumulate nel tempo, per tutte le disattenzioni registrate puntualmente nel proprio taccuino personale, concludendo, in maniera drastica e concisa, con una laconica esplicitazione: Tu non mi ami.
Questa sentenza emessa nel profondo di noi stessi, ed espressa in certe circostanze conflittuali in maniera più o meno inequivocabile, incomincia a prendere sempre più corpo fino a diventare una convinzione certa.
Una relazione uomo donna conflittuale aiuta a crescere se affrontata in maniera matura, se saputa gestire in maniera da sviluppare consapevolezza e risorse.
La prima cosa da cogliere sono le differenze dell’essere uomo e dell’essere donna, ben lungi dall’uniformità e ben lontane dall’espressione, luogo comune e ingannevole, dell’essere uguali come due gocce d’acqua; come passo successivo, rileggere quel falso e apparente equilibrio dettato dai ruoli da giocare nel rapporto di coppia, dove c’è chi gioca quello del forte, trainante, e l’altro quello del debole, che, per conformismo, per quieto vivere, passivamente, si adegua al passo con non poco affanno ed insoddisfazione. Il forte cresce nel suo egoismo aggressivo e il debole cumula rabbia ed insoddisfazione inespresse.
Rompere un tale schema diventa necessario per poter progredire nello sviluppo della coppia verso una dimensione dove l’io ed il tu, incontrandosi, diventano una realtà nuova connotata dal noi; si realizza un nuovo equilibrio dove i due individui vanno trasformandosi in persone capaci di donarsi reciprocamente e di assaporare la bellezza di essere coppia in relazione in modo costruttivo.
L’amore diviene, attraverso il percorso delineato, non un semplice sentire ma uno stile di vita; la benevola disposizione alla comunicazione, al reciproco ascolto, al piacevole scambio offre spazio al desiderio come proposta all’altro perché ci siano la cura e la premura a rendere l’incontro costruttivo.
La coppia ha da vivere, piuttosto che il risentimento e la rabbia esplosiva, un contatto costante con il mondo dei desideri seminati nel profondo del cuore di ognuno per non farli diventare bisogni impellenti, se frustrati e trascurati.
Tutto ciò che si semina nella coppia, sia nel bene che nel male, porta un frutto; nel bene, un frutto gustoso è l’ armoniosa coesistenza e, nel male, un frutto velenoso è la distruttiva solitudine.
Abbiamo necessità di puntualizzare come il desiderio, in una relazione amorosa, sia importante come risorsa posta a fondamento di una comunicazione costruttiva, costituendo un valido modo per esprimere il proprio mondo interiore da proporre all’altro, nella coppia, per manifestare e mettere in comune la complessità che abita all’interno di ognuno.
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