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La paura di morire e la paura di vivere

In una inchiesta svoltasi tra gli alunni di  una scuola media è risultato evidente come tra le paure vissute dagli studenti, sia maschi che femmine, senza differenze particolari, ci siano la paura della morte, seguita a ruota dalla paura di una separazione tra i genitori.

Quale conclusione trarre dinanzi ad un tale risultato rivelatore di un disagio notevole coltivato sia da eventi esterni che interni alla famiglia?

La paura  accompagna i nostri adolescenti come paura della morte per tantissimi eventi riportati dalle cronache: incidenti stradali, omicidi nelle famiglie, violenze opera di maniaci, atti terroristici concepiti per uccisioni di massa, di persone coinvolte a casaccio.

In secondo luogo, la paura della separazione in una società dove è molto più facile registrare un fallimento delle relazioni nelle coppie sposate, rappresenta un’ulteriore fonte di preoccupazione per i giovani studenti consultati, che hanno espresso, poi, a viva voce, commentando le risposte al questionario svolto in classe, come si trovino a vivere, molto spesso, nelle loro case, con lo spettro della separazione.

Morte e vita risultano essere facce di un’unica realtà di cui si parla molto poco sia nell’ambito sociale, che nell’ambito familiare.

Poco viene stimolata la fantasia dei giovani a coltivare uno stile di vita in maniera positiva.

Poco viene incoraggiata la formulazione di un progetto costruttivo da parte degli adolescenti, capace di far mettere in gioco le loro risorse personali.

Dalla nostra società di adulti, viene proposto poco o nulla su quale indirizzo dare ai propri passi per poter sviluppare capacità adulte quali la responsabilità, l’aderenza alla realtà, l’ascolto riflessivo, il dominio di sé.

Troppo spesso la nostra riflessione sociale manca di spessore fermandosi ad una sorta di valutazione emotiva dinanzi ad eventi sconvolgenti riportati dalle cronache.

Troppo spesso, anche la nostra riflessione familiare risulta estremamente carente da questo punto di vista.

Manca un’opportuna risonanza su eventi di una violenza inaudita. Ci si limita, troppo spesso, soltanto ad un approccio emotivo, anche nelle nostre case.

Proprio perché privi di commento, tali eventi esercitano un condizionamento enorme sui comportamenti soprattutto degli adolescenti, incoraggiandone la paura, che può indurre in loro o una paralizzante risposta nei confronti della propria vita o una  esagerata aggressività nei confronti della vita degli altri.

In entrambi i casi, è la paura a dirigere i comportamenti dei ragazzi.

Eppure se diamo uno sguardo al passato, ci appare  molto diverso lo scenario.

Come esempio riportiamo la riflessione a carattere privato, familiare tratta dalla lettera al padre mortalmente ammalato (4 aprile 1787), di W.A. Mozart:

Carissimo papà,

ho appena ricevuto una notizia che mi ha profondamente scosso: lei sarebbe molto malato.
Quanto vorrei ricevere da lei notizie consolatorie, non ho bisogno di dirglielo. Ed è quello che mi auguro sebbene abbia preso l’abitudine di aspettarmi sempre il peggio. Perché sapere accettare la morte è il vero scopo della vita. Così da un paio di anni questa grande amica dell’umanità mi è diventata così familiare che il suo volto non mi fa più paura, anzi mi rasserena e mi consola. Ed io ringrazio il mio Dio per avermi concesso la felicità di procurarmi, lei mi capisce, l’occasione di conoscere la morte come la chiave per la nostra vera beatitudine. Io non mi corico mai la sera senza pensare che forse, per quanto sia giovane, non vedrò il nuovo giorno. Ma nessuno di tutti quelli che mi conoscono può dire che io sia scontroso o triste. E per questa beatitudine ringrazio ogni giorno il mio creatore e la auguro di cuore ad ognuno dei miei simili.

Ben diversa la nostra realtà di oggi, dove il senso della vita ci sfugge.

L’uomo di oggi vive secondo schemi e convenzioni sociali dettati dalla maggioranza, immolando se stesso, la propria sensibilità, il proprio mondo interiore a questo Molock  sociale, assumendo comportamenti, mode, atteggiamenti secondo  il pensiero ufficiale, che non è in grado di dare risposte alle sue personali istanze esistenziali.

L’uomo del nostro tempo, immerso in un tale contesto culturale, vive la sua vita con difficoltà, appare piuttosto confuso, se non addirittura alienato, distratto; cerca di non pensare  lanciandosi su soluzioni immediate sotto spinte emozionali, nevrotiche o  cerca il divertimento a tutti i costi ( “di-vertimento” secondo l’etimologia  sviarsi, distogliersi, distrarsi, voltarsi da un’altra parte ).

Tutto questo non ci aiuta a fornire una risposta ai pressanti interrogativi esistenziali racchiusi nel nostro cuore e, soprattutto, non ci aiuta a vincere la paura che accompagna i nostri passi.

Il saggio di G. Gorer del 1955 “The pornography of Death” sottolineò questo aspetto particolare dell’attuale mondo occidentale, amputato della morte e quindi ossessionato dalla morte.

La nostra vita sembra essere quella del crudo e angoscioso epitaffio di Shakespeare :

“La vita… un racconto narrato da un idiota; tutta rumore e  furia, che non significa nulla”.

 Appare urgente proprio per la pesante ricaduta sui nostri ragazzi attrezzarsi dinanzi ad un tale vuoto di senso, dinanzi alle paure quotidiane, altrimenti il nostro mondo di adulti rischia di essere totalmente incapace di trasmettere valori credibili alle nuove generazioni.

Diventa necessario, al tempo stesso, porre in evidenza come una tale presa di coscienza non si ottenga senza dolore.

Nessuno mi aveva detto che il dolore assomiglia tanto alla paura. 

Da questa considerazione tratta dal diario personale di C.S.Lewis (1898- 1963) provato negli affetti, si evidenzia come è sempre la paura il sentimento dominante nell’esperienza umana.

E’ un elemento costante nella nostra quotidianità al quale non possiamo sfuggire.

La nostra riflessione vuole mettere in risalto proprio una tale improcrastinabile necessità di offrire alle nuove generazioni risposte dirette su tali interrogativi esistenziali.

I giovani richiedono a noi adulti  un ascolto attento nelle famiglie.

Richiedono di guardare al futuro con una buona dose di entusiasmo.

Necessitano di credere che la vita vale la pena di essere vissuta fino in fondo con coraggio.

Necessitano di spazi capaci di farli sentire non vittime di eventi incontrollabili ma attori protagonisti per costruire un mondo migliore.

Se questa pressante richiesta investe il mondo degli adulti, ancora di più noi genitori che non possiamo venir meno, nelle nostre case, al compito certo non facile di porre concretamente gesti di fiduciosa speranza, in cui è l’Amore a vincere ogni difficoltà.

Va proposto in maniera evidente come sia l’Amore a vincere la paura.

Pubblicato in Temi di riflessione

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