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Immaturità psico-affettiva

La famiglia è il luogo dell’umanizzazione, il luogo dove c’è spazio per la dimensione psico-affettiva, emotivo-affettiva, dei vari membri, i quali possono manifestare i propri sentimenti senza incorrere in censure o sanzioni, perché la famiglia è come un laboratorio emozionale  e relazionale.

In un gruppo di persone vi sono regole comportamentali da rispettare, ma vi sono anche riflessioni, sentimenti da potere esternare, proporre.

Nella famiglia insomma si distillano quelle passioni elementari come amore/ odio che sono dettate dall’affermazione di sé e che poi danno luogo a tutta la gamma della nostra vita emotiva e affettiva.

Le emozioni fondamentali sono felicità, tristezza, paura, rabbia, disgusto. Felicità e tristezza sono emozioni evocate dalle figure di attaccamento; al contrario la paura e la rabbia  sono evocate da concorrenti, nemici, o anche da eventi.

Le emozioni complesse sono imbarazzo, vergogna, senso di colpa, invidia, gelosia, disprezzo; risultano essere connesse al modo di percepire se stessi e il proprio modo di relazionarsi.

All’essere umano non bastano rapporti funzionali, ma ha bisogno di rapporti interpersonali ricchi di interiorità, oblatività, gratuità.

Il principio ispiratore della famiglia non è la produttività, ma la relazionalità.

La vita di famiglia può svolgersi secondo quanto gli altri fanno nel conformismo oppure secondo quanto gli altri vogliono nel totalitarismo. Ma ciò che è opportuno fare è dare un senso al proprio stare insieme, dare un significato alla vita comune.

Il richiamo al valore fondamentale   che sta alla base della famiglia risulta necessario.

Un padre severo per la sua onnipotenza nevrotica, per la sua onnipresenza nevrotica, per il suo disprezzo per le piccole cose oppure un padre fiacco, debole, depresso generano nel figlio le difficoltà di identificazione; per un figlio assumere come modello quel genitore, la cui presenza risulta dannosa perché carica di eccessive influenze negative  o perché priva di stimolanti proposte maturanti, diviene pressoché impossibile.

“Io rifiuto te e tutto ciò che tu rappresenti, ossia la tua mascolinità”.

Bieber e Bieber non hanno mai intervistato persone affette da immaturità psico-affettiva che abbiano detto che il loro rapporto con il padre in qualche modo fosse di stima  e di amorevole scambio.

D’altro canto anche un rapporto iper-protettivo da parte di una madre determina disorientamento nel figlio, che si accosta a lei vivendola come rifugio, come fuga, sviluppando rabbia profonda verso il padre. La madre, con al fianco un marito o troppo presente o troppo assente,  nella sua solitudine emozionale, va riversando sul figlio un’attenzione il più delle volte asfissiante impedendone l’equilibrato sviluppo psico-affettivo, ma soprattutto l’armonica visione della vita espresso dalla complementarità della coppia.

La relazione equilibrata con il padre permetterà anche di neutralizzare gli effetti negativi causati dall’eventuale rapporto affettivo sbilanciato con la madre. Per contro un padre troppo duro rafforza gli effetti negativi causati da una dipendenza affettiva troppo grande dalla madre. Ciò non significa che il rapporto conflittuale tra padre e figlio causi sempre l’inclinazione deviata nel secondo.

Barnhouse in linea con Bieber afferma che vi potrebbe essere anche una questione di potere.

A causa di una relazione con un padre ostile o distante, di difficoltà con una madre dominante, di irrisolti problemi nella competizione con fratelli o coetanei, a vari stadi di crescita, o qualche combinazione di questi fattori, si possono avere preponderanti questioni di potere che sfociano su un piano relazionale in aspre conflittualità insanabili.

La persona immatura risulta essere divisa in se stessa, in quanto vive una condizione di distonia, di disarmonia relazionale in base all’esperienza maturata nell’ambito familiare enfatizzando nel rapporto con gli altri o il potere egocentrico personale o l’autocompassione.

Sentirsi inferiore suscita la convinzione di non potere essere amato dagli altri in quanto privo di valore e provoca solitudine e autodisprezzo. Il complesso d’inferiorità è l’autocompassione cronica di chi si sente inferiore, e persiste anche quando la persona diventa adulta. E’ come se nell’adulto ci fosse un bambino che si commisera e che cerca continua attenzione e approvazione da parte degli altri.

La persona con una profonda immaturità psico-affettiva, nel contatto sociale, mostra una incapacità alla sincerità, alla relazionalità, a intrattenere rapporti autentici con gli altri. Tende a fare gruppo con quelli nella sua condizione, cioè alla ricerca di una identità e di consenso, approvazione, commiserazione.

Sostanzialmente si tratta di una situazione di infantilismo, che si maschera, molte volte, con l’autoritarismo, con il disprezzo verso gli altri, con una fermezza disumana, insensibile, con un’intransigenza   tesa a fare giustizia, perché la prima ingiustizia è stata subita nell’ambito familiare sul piano affettivo. Incapacità di perdonare, di ricominciare sempre per un’esperienza familiare in cui non si è sperimentato il perdono, la riconciliazione come possibilità di ricostruire i rapporti incrinati per la fragilità umana.

Inoltre, per fronteggiare, in qualche modo, la sua immaturità, la persona con tale scompenso psico-affettivo cerca compenso, oltre che nell’esercizio del potere con le modalità descritte prima, con la ricerca del piacere come finalità da perseguire in ogni manifestazione;  in questo modo ancora una volta nel contatto con gli altri tutto ciò che ha sapore di contrasto, scambio dibattuto, dialogo secondo punti di vista differenti   viene evitato per un’incapacità a sostenere la diversità per un richiamo evidente alla propria esperienza fallimentare nell’ambito familiare.

Il principio del piacere guida l’uomo nella sua infanzia, il principio di potenza lo guida nell’adolescenza, mentre la volontà di significato è il principio guida dell’adulto maturo.

Appare così evidente che l’immaturità psico-affettiva impedisce il normale sviluppo della persona umana secondo quelle tappe ben note alla psicologia dell’età evolutiva. Il DSM IV del 1994 sottolinea l’aspetto sessuale come possibile disordine conseguente all’immaturità psico-affettiva, inquadrandolo come disturbo che può evolvere verso vere e proprie patologie comportamentali.

Bisogna attuare una terapia dinanzi a tali quadri clinici. Resta la necessità di saperli evidenziare. Troppo spesso nel contesto sociale, lavorativo, comunitario sono presenti soggetti con tali stimmate patologiche, e, nell’ambito del gruppo, se non curati, coinvolgono seriamente gli equilibri di tutti gli altri membri.

La prima cura viene attuata in famiglia. La famiglia diviene, alla luce dell’amore della coppia, il luogo delle relazioni, dove s’impara a superare la diversità, a vedere come si superano le divergenze di opinioni, come si affrontano le difficoltà, come ci si accoglie negli errori, quanta pazienza occorre nella realtà quotidiana.

Quanto abbiamo bisogno di perdono e di ricominciare sempre con nuovo coraggio nell’intessere relazioni costruttive basandoci sulla benevolenza, sulla stima reciproca, sulla disponibilità, sul perdono.

“C’è poca vita umana nelle famiglie dei nostri giorni”

Lettera alla Famiglie n.10 di Giovanni Paolo II 2/02/2001

Per quanta amara, questa affermazione del Santo Padre c’induce a ripensare alle nostre famiglie come al luogo dell’umanizzazione, cioè al luogo dove l’individuo si forma come persona e sviluppa le sue capacità relazionali in un caldo clima di amore e di benevolenza.

Pubblicato in Temi di riflessione
7 commenti su “Immaturità psico-affettiva
  1. Caterina scrive:

    Sono un’appassionata studiosa di comportamenti umani legati alla sfera psico-affettivo-relazionale.Sono d’accordo sui contenuti espressi su citati.Io credo ,tuttavia,che noi oggi ci portiamo dentro il bagaglio di esperienze pregresse maturate all’interno della famiglia d’origine.Credo,inoltre,che come elemento caratterizzante lo scompenso affettivo-relazionale ci sia la “percezione”dell’io ancora oggetto di studio della moderna psicologia comportamentale.

  2. Antonio scrive:

    Una persona con immaturità affettiva può diventare sacerdote? O può impedire la sua identità di prete? Grazie

    • Osvaldo Della Gatta, direttore del Consultorio scrive:

      In qualsiasi individuo, con immaturità psico- affettiva, le scelte fatte, le responsabilità assunte possono determinare non poche difficoltà per una buona dose di discontinuità.
      Visto che la domanda chiede in particolare l’immaturità in un sacerdote, va detto che il sacerdote se vive il suo ministero come una strada per realizzarsi, va in crisi, perché la sua immaturità lo porta a vivere di bisogni da soddisfare.
      Il sacerdozio è donazione, non vive, quindi, di bisogni ma di progetti da realizzare secondo la volontà di Dio. L’essere in ascolto non delle proprie esigenze, ma, piuttosto, l’essere in ascolto della Parola di Dio, conferisce alla missione sacerdotale caratteristiche proprie. Se ciò non si dà nella vita di un prete, questi si adopera nel suo ministero portando se stesso in tutto ciò che fa; la sua umanità immatura risulta essere di ostacolo all’annuncio del Vangelo. Pertanto diventa prioritario portare a maturità condizioni inquadrabili come immature da un punto di vista psico – affettivo.

      Spero di essere stato esauriente.

  3. Erika scrive:

    Io ho capito poco…. Quali sono i punti salienti x avere un immaturità affettiva?è connesso a ritardi lievi mentali? E disturbi di personalità?!

  4. Enrico scrive:

    tutto è interessante l’articolo, tranne che ha mio avviso il termine o parola ‘maturita’ o ‘essere maturi’ è un utopia; perchè se tale parola ‘maturità’ significa in generale ‘cercare di non fare o prevedere gli errori’; dubito fortemente che nessuno riesce a non commettere errori(mi includo anch’io), o volgarmente chiamato con il termine ‘fare delle cazzate’; chi riesce nell’impresa di ‘essere umile’, non monopolizi a suo piacimento tale termine o parola dicendo: io sono maturo; perchè se è vero che la maturità significa non commettere alcun errore, allora si può considerare che, uno dei suoi sinonimi di maturità è la ‘perfezione’; e il termine ‘perfezione’ significa un qualcosa, o colui, o uno stato che non ha nessun difetto/errore, ne fisico, psicologico (conoscenza, sapienza, intelletto; escludendo termine l’ignoranza) di carattere; poi per tutto il resto dell’articolo è interessante.

    • Rodolfo Giordano scrive:

      Grazie per l’attenzione e la sensibilità mostrate. Solo una breve puntualizzazione. Nel nostro approccio personalistico usiamo il termine “maturità ” nell’accezione classica, cioè CAPACITÀ DI RELAZIONARSI IN MODO CONGRUENTE ALLE VARIE REALTÀ CHE LA VITA PONE. È questo anche il significato usato nel contesto scolastico, per es. Maturità Scientifica non equivale a studenti perfetti, ma soltanto capaci di affrontare la vita con una capacità, almeno minima, adeguata alle circostanze. Grazie e continui a seguirci e stimolarci.

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