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Il modo di agire attuale

Si assiste a una diffusa frammentazione dell’esistenza; prevale una sensazione di solitudine; si moltiplicano le divisioni e le contrapposizioni. Tra gli altri sintomi di questo stato di cose, l’odierna situazione conosce il grave fenomeno delle crisi familiari e del venir meno della stessa concezione di famiglia, il perdurare o il riproporsi di conflitti etnici, il rinascere di alcuni atteggiamenti razzisti, le stesse tensioni interreligiose, l’egocentrismo che chiude su di sé singoli e gruppi, il crescere di una generale indifferenza etica e di una cura spasmodica per i propri interessi e privilegi.

Agli occhi di molti, la globalizzazione in corso, invece di indirizzare verso una più grande unità del genere umano, rischia di seguire una logica che emargina i più deboli e accresce il numero dei poveri della terra. Connesso con il diffondersi dell’individualismo, si nota un crescente affievolirsi della solidarietà inter-personale: mentre le istituzioni di assistenza svolgono un lavoro lodevole, si osserva un venir meno del senso della solidarietà, di modo che, anche se non mancano del necessario materiale, molte persone si sentono più sole, lasciate in balia di se stesse, senza reti di sostegno affettivo.

A questo smarrimento della memoria cristiana si accompagna una sorta di paura nell’affrontare il futuro. L’immagine del domani coltivata risulta spesso sbiadita e incerta. Del futuro si ha più paura che desiderio. Ne sono segni preoccupanti, tra gli altri, il vuoto interiore che attanaglia molte persone, e la perdita del significato della vita. 

[Ecclesia in Europa, esortazione apostolica di Giovanni Paolo II, 28/06/2003]

Oggi, si può parlare di sociopatia, cioè di una vera e propria sindrome di interesse psichiatrico, dinanzi a quadri di vita ormai abbastanza diffusi e caratterizzati da comportamenti particolari.

Si tratta di una immaturità affettiva caratterizzata da indifferenza, da incapacità di esprimere sentimenti positivi come simpatia e gratitudine, da freddezza relazionale con  apatia morale difficilmente  sensibile a sentimenti di rimorso o di colpa; ancora tale atteggiamento immaturo porta ad una mancanza di responsabilità, ad un dialogo condotto con falsità e insincerità, fino a raggiungere un comportamento chiaramente antisociale con gesti delittuosi realizzati con fredda determinazione e totale indifferenza. Tale sviluppo patologico avviene per una carente educazione psicologica nell’infanzia, cioè una educazione riguardante i sentimenti, le emozioni, le paure, gli entusiasmi.

Oggi, si parla di cura del corpo mediante le pubblicità esaltanti corpi scultorei modellati in palestre, con diete, con esercizi ginnici impegnativi per tempo e sforzo, con interventi di plastica correttiva in chirurgia estetica.

Oggi si parla di cura dell’esteriorità proponendo all’attenzione generale un fisico da top model sia sui cartelloni pubblicitari sia  negli spettacoli televisivi persuadendo sottilmente  l’opinione  pubblica che solo un corpo con quelle dimensioni merita di essere considerato. Questo per l’esteriorità.

Per l’interiorità, invece, viene proposto poco o nulla.

Questo vuoto espressivo, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore, spinge la nostra società a rivolgere tanta cura agli acquisti al solo scopo di colmare in qualche modo il vuoto di comunicazione che sperimenta già nella pigrizia, nell’indolenza, nella ribellione, nella depressione.

Allora incominciano i primi segnali di sociopatia, cioè appare quella indifferenza emotiva dinanzi agli eventi a cui si assiste o ai gesti che si compiono.

Chi non conosce e non utilizza l’alfabeto emotivo, chi ha ricoperto sotto maschere varie i tratti del proprio volto, mettendo a tacere le ragioni del cuore, soffocando i propri sentimenti, lasciando disseccare le radici del proprio cuore, sviluppa un senso di sfiducia nei confronti del prossimo, a cui rivolge una vigilanza aggressiva con spunti persecutori fino a vedersi circondato da nemici, da persone che attentano alla propria persona.

Ciò accade perché manca una educazione emotiva in famiglia, a scuola; perché manca, ai giovani di oggi ed anche ai meno giovani,  l’opportunità di far risuonare l’eco dei propri rivolgimenti interiori.

L’emozione è essenzialmente relazione e dalla qualità delle nostre relazioni possiamo leggere il grado della nostra intelligenza emotiva. Questa si avvale di atteggiamenti morali quali l’autocontrollo e la compassione.

Oggi, proprio per tale ineducazione emozionale abbiamo una società costituita da gente rabbiosa, ribelle, nervosa, impulsiva, aggressiva, impreparata al colloquio, all’incontro con l’altro.

Oggi, ci troviamo in un’agghiacciante incapacità di ascoltare, di risolvere i conflitti, di cooperare. Abbiamo annullato gli spazi della riflessione, ridotto allo scambio banale la comunicazione, ma soprattutto abbiamo svuotato il nostro cuore dai sentimenti.

Prima del sapere, della conoscenza, del capire c’è il sentire.

Potere ascoltare il cuore, perché siano i suoi palpiti ad esprimere all’altro la motivazione che  anima la relazione stessa.

Tenersi lontano dai conformismi, per potere essere se stessi.

Oggi, però, essere se stesso e non rinunciare alla specificità della propria identità viene vissuto come  una patologia.

Il tentativo sociale di omologare, di appiattire, di rendere tutti uguali, come oggetti fatti in serie, porta le persone a perdere di vista  l’anima.

La differenza, la specificità individuale destano sospetto perchè  fuori da  inquadramenti schematici.

I gruppi umani, in qualunque ambito,  lavorativo, condominiale, ecclesiale, comunitario possono presentare o manifestare, oggi, proprio per quanto esposto sopra, tali caratteristiche  che possono facilmente colorarsi di tinte  patologiche per una mancanza di educazione  alla relazione, alla comunicazione.

Tali alterazioni si realizzano anche nelle nostre case, nelle nostre famiglie, e, quindi, facilmente, dal contesto familiare si riversano nei vari ambienti comunitari portando tutti ad assaporare una profonda insoddisfazione nella qualità dei rapporti intrattenuti con gli altri.

Diviene necessaria, nella nostra società ammalata di sociopatia, una riflessione su tali contenuti lasciandosi indirizzare dalla psicologia.

Certo la psicologia come scienza umana non può sostituirsi alla fede che illumina la ragione, dando un senso alla vita dell’uomo, ma aiuta a sottoporre a critica le religiosità farisaiche che vengono profondamente a rendere scadente la qualità dei rapporti tra gli uomini, anche in quegli ambiti in cui l’aspetto di comunione, di condivisione viene auspicato come stile di vita.

Pubblicato in Temi di riflessione

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