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Dialogo tra adulti e adolescenti

Comunemente, nell’intento di risolvere le difficoltà tra adulti ed adolescenti, si ricorre all’autoritarismo o al permissivismo.

Entrambi i metodi sono basati su un rapporto di forza.

Il primo fa leva sulla supremazia dovuta unicamente al ruolo e al suo potere, si serve di controlli e di punizioni, risolve i problemi lasciando l’adolescente sconfitto e con il cuore ribellato.

Il secondo, con il permissivismo, ribalta la situazione: è l’adulto a soccombere, a sentirsi perdente e a celare nel cuore un senso di frustrazione e di amarezza.

Questi sentimenti si rendono palesi con nervosismo, stanchezza, irritabilità, sfiducia nei giovani, disaffezione per il proprio compito di educatore.

Appare, dunque, evidente quale importanza rivestano l’accettazione, la trasparenza, l’empatia per una corretta comunicazione in ogni rapporto umano ed in particolare tra adulti e giovani.

Talvolta genitori e insegnanti, pur nell’intento di aiutare i ragazzi a risolvere le proprie difficoltà, si rapportano a questi in modo sbagliato, ledendone l’autostima, la creatività, lo sviluppo spontaneo e favorendo, invece la dipendenza da un educatore che raramente si mostra nel proprio modo di essere ed esprime i propri sentimenti. Solo accettando un adolescente per quello che è senza l’ostinazione nel volerlo cambiare, nel volergli cucire addosso un abito che non gli sta, che lo fa sentire costretto perché molto piccolo o goffo perché troppo grande, può permettergli di cambiare i suoi comportamenti inadeguati perché non si sente più paralizzato dall’ansia o dai sensi di colpa o dal ritenersi sbagliato o inadeguato.

Un adulto che accetta un ragazzo non lo critica ma lo valorizza mettendo in evidenza tutto quanto c’è di positivo, considerando i successi e gli insuccessi come due aspetti complementari ed entrambi necessari per la crescita della propria personalità.

Comunicargli che si nutre piena fiducia nelle sue capacità significa infondergli la certezza che ce la può fare e fornirgli la forza per superare ostacoli e difficoltà.

Gordon, nel suo testo “Insegnanti efficaci”, propone due tecniche che aiutano a modificare i comportamenti inadeguati: l’ascolto attivo e il messaggio in prima persona [ messaggio – IO ].

Di fronte ad un comportamento inadeguato, risulta fondamentale individuare chi sia il danneggiato.

Se si tratta del rapporto docente – studente, la domanda potrebbe essere del tipo: “Questo comportamento a chi impedisce di lavorare?

Se all’alunno, allora il problema appartiene all’alunno, se al docente, allora il problema appartiene al docente”.

Nel primo caso si può intervenire usando l’ascolto attivo, nel secondo il messaggio – io.

Identificare l’appartenenza del problema è fondamentale per la risoluzione delle situazioni che si vengono a determinare.

Tali tecniche suggerite nella comunicazione docente – alunno, possono essere valide in qualsiasi situazione di aiuto che investe l’adulto e l’adolescente, per cui possono essere estese anche al rapporto genitore- figlio.

Quando una persona, sia essa figlio, allievo, amico….,ha un problema, il comportamento più spontaneo il più delle volte è “parlargli” mettendo in evidenza gli errori o le mancanze commesse, oppure i suoi difetti o esprimendo giudizi (quasi sempre negativi) o pareri; tutto ciò ha come risultato che l’individuo che si voleva aiutare si chiude ulteriormente in se stesso sentendosi incompreso, peggiora l’immagine di sé e la relazione.

Senza volerlo sono stati compiuti degli errori che risultano essere “ostacoli” o “barriere” alla comunicazione.

Supponendo che un ragazzo abbia difficoltà a portare a termine un compito a lui assegnato ed esprima in modo confuso tale disagio (agitazione, irrequietezza), le reazioni più comuni di un adulto di fronte a tali difficoltà, sono:

Ordinare, comandare, esigere/Avvisare,

minacciare/Rimproverare,

fare la predica/Consigliare,

suggerire soluzioni/Redarguire con argomentazioni logiche/Giudicare, disapprovare,

biasimare/ Stereotipare, ridicolizzare,

umiliare/Interpretare,

analizzare/Apprezzare,

dare valutazioni positive/ Rassicurare,

consolare/Indagare

interrogare/Eludere, cambiare argomento, distrarre.

Queste dodici barriere alla comunicazione sono tali quando nella relazione adulto – adolescente il problema  appartiene all’adolescente, quando quest’ultimo sta attraversando un momento difficile.

Se non ci sono situazioni problematiche allora consigliare, ricorrere ad argomentazioni logiche, scherzare… non è di danno.

Ciò che in una relazione serena è possibile potrebbe non esserlo in una relazione difficile ed anche consigliare, consolare, rassicurare…., atteggiamenti normalmente ritenuti positivi, diventano barriere perché il ragazzo non avverte compreso il proprio sentimento di disagio, di scarsa autostima… oppure percepisce tale apprezzamento come strumentale per raggiungere l’obiettivo prefissato (dice questo perché si aspetta che io agisca in questo modo).

Gordon afferma che  l’unico mezzo per aiutare chi si trova in difficoltà è accettarlo così com’è ed accettare qualcuno è un grande atto d’amore, una grande forza terapeutica.

Il linguaggio dell’accettazione è l’ascolto attivo e consta di quattro momenti:

  1. Ascolto passivo (silenzio). Il non dire niente ascoltando comunica accettazione e tolleranza. L’adolescente non capirà mai e non dirà mai cosa lo turba o lo sta preoccupando se è l’adulto a parlare;
  2. Cenni di attenzione. Possono essere non verbali (un sorriso, un cenno del capo, l’annuire…) o verbali (capisco…). Particolarmente durante le pause stanno ad indicare che si è particolarmente attenti all’altra persona;
  3. Espressioni facilitanti, incoraggianti. Sono espressioni che non contengono alcuna valutazione relativa a ciò che viene detto ma aiutano il ragazzo ad approfondire quanto sta dicendo;
  4. Ascolto attivo. L’adulto riflette, senza interpretare né valutare, il messaggio dell’adolescente comunicandogli attenzione, accettazione, comprensione; ciò lo aiuterà a trovare la soluzione ai suoi problemi rafforzando la fiducia in se stesso e negli altri. L’ascolto attivo non rispecchia le parole, ma i sentimenti.

Il più delle volte l’adolescente non sa o non vuole esprimere il proprio sentimento (paura, rabbia, incertezza) ed allora sceglie un codice poco chiaro (non mi piace, non è giusto…).

L’adulto dovrà decodificare ciò che è stato espresso attraverso le parole leggendo i sentimenti e rimandandoglieli.

Se il sentimento è stato colto egli si sentirà compreso e incoraggiato a fronteggiare la sua emozione, altrimenti confuterà.

L’ascolto attivo permette all’adolescente di non “subire” la soluzione, anche se valida, offerta da altri ma di trovare una soluzione a sua misura, adeguata alle sue forze, gli permette di imparare a gestire i suoi problemi e gli offre gli strumenti per arrivare alla radice delle difficoltà (emozioni).

L’ascolto attivo ha bisogno di attenzione, di cura e quindi di tempo, nella sua dimensione qualitativa e quantitativa.

Pubblicato in Temi di riflessione

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