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Come dirigere gli altri?

Come vada gestita la direzione degli altri costituisce oggi in molti settori una questione fondamentale.

Alcuni dirigono in modo autoritario.

Altri allontanano da sé i problemi e si lasciano guidare dall’opinione dei più.

Quando qualcuno che ha un posto di responsabilità in una comunità o in un’azienda rifugge da qualunque conflitto, nascondendo i problemi sotto il tavolo, si crea un clima velenoso.

Tu quanto sei pronto ai conflitti?

Preferisci allontanare da te i problemi?

Tutti abbiamo bisogno di spirito per prendere in mano la patata bollente.

Invece di lagnarci di quanto tutto sia difficile, prendere l’iniziativa e forgiare con mano salda e ferma quanto è caotico e confuso, può aiutare a venir fuori da circoli viziosi dove si assaporano soltanto divisione ed inutili lacerazioni.

Troppo spesso i conflitti mal gestiti generano contrasti insanabili e conseguentemente emarginazione.

Nella nostra società, in ambienti di lavoro, ma anche in comunità, gruppi o associazioni è molto facile incappare in una siffatta condizione o di autoritarismo esasperato oppure di amorfa gestione pronta a svincolarsi da qualsiasi responsabilità.

Se guardiamo alla famiglia oggi ci accorgiamo come un tale clima di difficoltà si respira anche nelle nostre case.

Leggendo sant’Agostino, però, si vede come non vi sia nulla di nuovo sotto il sole.

Infatti, nel suo  “Trattato sulla prima lettera di san Giovanni”, troviamo sottolineati come moralmente deprecabili atteggiamenti legati all’autorità paterna o a qualsiasi altra autorità che è impegnata nella direzione degli altri.

“ Non credere di amare…o che vuoi bene a tuo figlio solo perché lo lasci in balia di se stesso, o che porti amore al prossimo solo perché non gli fai nessuna correzione. Questa non è carità, ma mollezza. L’amore è una forza che sollecita a correggere ed elevare gli altri. L’amore si diletta della buona condotta e si sforza di emendare quella cattiva. Non amare l’errore, ma l’uomo: L’uomo è da Dio, l’errore dall’uomo. Ama ciò che ha fatto Dio, non ciò che ha fatto l’uomo. Se ami veramente l’uomo lo correggi. Anche se talvolta devi mostrarti alquanto duro, fallo proprio per amore del maggior bene del  prossimo”.

Da cosa scaturisce una tale incapacità ad affrontare situazioni complesse o complicatesi per difficoltà relazionali?

Una buona dose di responsabilità è da imputare alla immaturità psicologica di quanti sono chiamati a dirigere.

Troppo spesso i posti di direzione sono assegnati secondo altri criteri, piuttosto che in base a capacità maturate con l’esperienza.

Da parte di chi dirige sapere armonizzare un gruppo eterogeneo, sapere smussare gli angoli spigolosi costituiscono il terreno fertile capace di far sviluppare un crescente equilibrio nel gruppo, che, con docile accondiscendenza, si lascerà indirizzare dall’autorità costituita.

Esiste una legge psicologica: chi non vuole vedere le ferite della propria infanzia e affrontarle è condannato o a ferire gli altri o se stesso, eventualmente ricercando quelle condizioni nelle quali si ripetono le ferite dell’infanzia.

Chi è stato ferito dal padre è sempre diffidente, ha problemi con l’autorità ed è paradossalmente autoritario con gli altri.

Sottomissione totale o totale aggressività.

Nell’età adolescenziale, tutti ci siamo dovuti  confrontare con la norma paterna.

La norma paterna può essere rifiutata  in maniera adulta oppure rielaborata sfuggendo ad un adeguamento passivo o ad un sadico nichilismo.

La società attuale ha tolto di mezzo l’apprendimento di come contenere  e trasformare la propria aggressività in funzione di un progetto costruttivo e maturo di una visione del mondo dove al centro vi sia un sano confronto.

L’aggressività non trasformata diventa una sorta di mina vagante che continua ad oscillare fra la posizione sadica e quella masochista.

Quando prevale il sadismo con le sue frequenti connotazioni paranoiche, l’aggressività viene dirottata su un capro espiatorio: malcapitati, un gruppo ( una razza, uno schieramento politico, i membri di un’associazione ).

Quando prevale la componente masochista, si ha un atteggiamento passivo con una tendenza alla subalternità acritica verso gli altri.

Nei confronti di forme totalitarie del potere si può avere una passività masochistica.

Da cosa deriva un tale comportamento?

L’attenzione va posta su un aspetto caratteristico dei nostri giorni dove la figura paterna è stata messa da parte sia nell’ambito familiare che  sociale.

Anche la figura materna viene ad essere alterata assumendo un ruolo dominante in sostituzione del padre assente.

Nella nostra società dei consumi siamo tutti trasformati in consumatori compratori, che si appagano ingozzandosi di prodotti  e godendo di beni fabbricati.

Si attua l’attività psicologica dell’archetipo della Grande Madre, pronta a soddisfare i bisogni del soggetto.

Il programma paterno è comunitario, in quanto forma l’io sociale, forma cioè quella parte della persona, che è responsabilità; il padre aiuta la sua organizzazione psichica come apertura agli altri.

In una società dove tutto è calcolo, egoismo, interesse si rende manifesto il mancato ruolo paterno.

C’è, inoltre, oggi, la tendenza a regredire a livelli affettivi, ideativi e comportamentali di tipo infantile. Un eterno adolescente in perenne ricerca di rassicurazioni narcisistiche alla propria esistenza carente proprio di quell’apporto psicologico legato alla figura paterna.

Il padre Bancomat, trasmette soldi, beni materiali, ma non valori o una direzione nel comportamento.

La soddisfazione dei bisogni è un orientamento regressivo, perché rinvia ad una condizione psico-fisiologica della prima infanzia.

La nostra è una società profondamente infantilizzata.

Tutto ciò genera un’identità debole, che vive nell’angoscia della provvisorietà e un senso di vuoto, riempibile da uso di sostanze oppure da ideologie come il nazionalsocialismo o il globalismo o da pseudo- credenze religiose.

Il corteo, la sfilata sono le immagini di un potere che si compiace della propria esibizione narcisistica.

Da qui la difficoltà di dirigere gli altri, non sapendo instaurare relazioni mature e costruttive.

Pubblicato in Temi di riflessione

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