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A custodia della vita

E’ vivo desiderio per tutti noi del consultorio familiare, impegnati in aiuto alle famiglie in difficoltà, potere annunciare attraverso questo breve scritto quale sia la posizione di noi credenti in merito al tema della vita e della fecondazione assistita.

Ci sembra importante puntualizzare che quanto verrà espresso lo annunciamo perché possa trovare accoglienza rispettosa da parte di chi si interroga seriamente su tematiche che investono la vita e desideri conoscere quale sia il punto di vista di coloro che si professano credenti nel Dio di Gesù Cristo.

Non siamo qui per mettere un’opinione a confronto con altre, utilizzando etichette consone al linguaggio della pubblicità per designare posizioni di altro genere, ma per far conoscere brevemente quanto ci stia a cuore l’avvenire dell’umanità in genere e della persona umana in particolare.

Desideriamo parlare al cuore dell’uomo, cercando di tenere in debito conto tutte le sue dimensioni: razionale , spirituale, sentimentale, affettiva, esistenziale; desideriamo  avere una visione d’insieme, piuttosto che una particolare angolazione di osservazione. Desideriamo non ricadere nel così detto “errore di Cartesio” che ha prodotto una frammentazione dell’essere umano  nel pensiero e nel linguaggio contemporaneo.

L’ovulo fecondato costituisce un nuovo essere vivente e, per la sua appartenenza alla specie umana, ha lo statuto di “persona” con tutti i diritti che ciò comporta.

Tale posizione è determinata da motivazioni metafisiche, confortata da conoscenze scientifiche, ed anche, più banalmente, sostenuta dal comune buon senso.

Ognuno di noi, qualunque età abbia, avverte che, aldilà delle modificazioni fisiche e delle esperienze e dei ricordi accumulati, una cosa è rimasta immutabile: la propria identità, il proprio essere unico, diverso dagli altri, riconoscibile da tutti compreso se stesso. Andando indietro nel tempo questa identità rimane costante: ognuno di noi rimane uguale a se stesso a 70 come a 30 anni, a 10 come ad un anno o appena nato. E prima? Chi eravamo al 9° mese di gravidanza o al 7°? E al 5° o al 3°? E a 13 giorni eravamo noi o il nostro “pre-embrione”?

Questa individualità ha una base biologica nel patrimonio genetico che, derivato dai nostri genitori, fa di ciascuno un essere unico e irripetibile.

L’embrione quindi è uno di noi, perché individuo e perché appartenente alla nostra specie: ridurne la dignità a quella di mero materiale biologico è disconoscere e minare le basi su cui si fonda la nostra stessa esistenza.

L’embrione, quindi, è “persona” e, in quanto tale, merita la tutela giuridica che si deve alle persone umane: una tutela da qualsiasi tipo di manipolazione.

Per il cristiano la massima machiavellica “il fine giustifica i mezzi” è assurda perché “il fine non giustifica i mezzi”.

L’utilizzazione degli embrioni, allo stato attuale, non costituisce assolutamente un indubbio progresso per la ricerca scientifica, permettendo terapie per malattie, oggi, giudicate inguaribili, come il parkinson, il cancro, molte malattie degenerative, mediante la produzione delle cosiddette “cellule staminali”.

Le cellule staminali, che sono cellule dotate della capacità di dare origine a qualsiasi altra linea cellulare, costituiscono effettivamente una promettente  prospettiva terapeutica, soprattutto nella terapia di lesioni in tessuti molto specializzati che hanno, per tale motivo, una capacità rigenerativa molto limitata.

Ma tali cellule sono presenti anche nell’individuo adulto ed è con esse e non con le cellule staminali embrionali che sono stati svolti tutti i più importanti esperimenti terapeutici assurti alla cronaca degli ultimi tempi.

Attualmente non esiste nessun esperimento scientifico che utilizzi , a scopo terapeutico, cellule staminali embrionali, ed è fondata opinione di molti scienziati autorevoli, che esse siano totalmente inutilizzabili sul piano pratico, sia perché  dotate di individualità genetica che ovviamente non sarebbe quella del ricevente, sia perché, essendo dotate di capacità trasformativa elevatissima, potrebbero dare origine, più che a tessuti specializzati, a teratomi o addirittura a neoplasie maligne.

Di fronte a tali prospettive, il cristiano deve porsi degli interrogativi, non solo relativamente al valore morale da dare alla procreazione in tutte le sue fasi, ma anche e soprattutto alla visione antropologica a cui corrispondono queste visioni della scienza e della vita e quindi allo scenario futuro che oggi si sta costruendo in base ad esse.

Nell’ordine naturale delle cose (laddove naturale non significa semplicemente “biologico”, ma specifico della natura di ogni cosa e nella fattispecie della natura umana, che si esprime nella sua corporeità, psichicità e spiritualità) il figlio è il frutto di quella forma di espressione dell’amore coniugale costituita dall’unione sessuale, mancando la quale la procreazione non può essere considerata “umana”, e cioè “degna dell’uomo”.

Il filosofo Kant enunciava  nel suo principio categorico la necessità che ogni essere umano fosse fine e mai mezzo dell’attività umana.

In altri termini un figlio deve essere desiderato per se stesso, chiamato all’esistenza in virtù del reciproco amore dei genitori che su di lui lo riversano: solo questa concezione della sessualità è all’altezza dell’essere umano, in quanto rispecchia l’amore di Dio per l’Umanità e di Cristo per la sua Chiesa.

Nessun desiderio o bisogno, neppure quello, assolutamente legittimo, di un figlio, può essere soddisfatto in qualunque modo, costi quel che costi, senza rispetto per la vita umana in tutte le sue fasi di sviluppo, sin dal concepimento. Anzi, tale rispetto va esercitato soprattutto nelle fasi dello sviluppo in cui l’essere umano è più indifeso e quindi maggiormente bisognoso di tutela.

“I desideri non sono diritti”.

Le pratiche oggi indicate con il termine di “fecondazione medicalmente assistita” non appaiono in nessun modo moralmente lecite in quanto rendono il figlio mezzo della realizzazione del progetto dei genitori, ad un prezzo molto alto.

La comunità cristiana ritiene che tale manipolazione della vita non esprima rispetto per la vita sia con l’inseminazione artificiale, che snatura il matrimonio in quello che è più caratterizzante, sia con le tecniche di fecondazione extracorporea, dove si raggiunge lo scopo mediante la terribile pratica della generazione di esseri viventi-vivaio, sia, in ultimo, con la clonazione, vero affrancamento della riproduzione umana da qualsiasi forma di relazionalità ed affettività.

Inoltre, oggi, assistiamo ad un fenomeno designato con il termine  di relativismo etico.

In effetti, i confini morali vengono continuamente spostati da legiferazioni sempre più permissive, per cui sembra che ogni visione del mondo è soggettiva e che ognuno ha il diritto di orientare i propri comportamenti secondo i propri personali criteri.

Quando, però, si tratta di ridefinire lo scenario presente ed anche quello del nostro immediato futuro, nel quale vivremo noi e le nuove generazioni, tale relativismo ci sollecita ad esprimere con fermezza la nostra visione cristiana dell’uomo.

Essere cristiani è attenzione alla persona umana, sin dal momento del concepimento.

Il Cristianesimo si fonda su di una persona: Gesù Cristo.

E’ l’incontro con una persona:  Cristo risorto, che è Dio dei vivi.

Pertanto, il cristiano non segue un’ideologia, un’opinione, una filosofia.

Al cristiano sta a cuore la vita, non come un tema su cui teorizzare, ma piuttosto come realtà che va accolta, protetta, curata, sin dal suo nascere in seno ad una famiglia.

Ben venga  la scienza quando promuove quel processo di umanizzazione, che coinvolge innanzitutto la coppia uomo- donna e poi tutta la società.

Nota bene:

Per ulteriori approfondimenti, utile la lettura più dettagliata, intitolata “fecondazione extra-corporea“, sempre  nel nostro sito web.

 

Pubblicato in Temi di riflessione

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