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La relazione d’amore nella coppia

Ai nostri giorni, numerose ricerche stanno fiorendo in campo scientifico con studi ed approfondimenti condotti sul cervello umano per cercare di capire i meccanismi che sono alla base dell’amore.

Il sociologo John Alan Lee, dell’Università di Toronto, da testi filosofici e letterari, nel 1973 ha tentato di riconoscere sei varietà di stili d’amore: l’amore romantico, l’amore giocoso, l’amore amichevole, l’amore geloso, l’amore pragmatico e l’amore altruistico.

Robert Sternberg, psicologo americano dell’Università di Yale, in anni più recenti, descrive invece l’amore come una combinazione di passione, intimità e legame ed afferma come queste tre componenti siano di fondamento alla relazione amorosa durevole e salda. Si tratta di termini mutuati dal mondo antico, che indicava con eros, filia ed agape gli stili d’amore.

L’ ”Eros” indica la gioia del primo incontro, l’ebbrezza della conquista. E’ la cura posta nella relazione per colpire l’attenzione, destare l’interesse dell’altro, richiamarne in qualche modo particolare il mondo interiore, perché si accorga della nostra esistenza. E’ lanciare messaggi mediati dal nostro corpo, attraverso l’estetica, l’abbigliamento, il linguaggio degli sguardi, delle premure.

La ”Filia” è scambio affettuoso di mondi, esperienze, vissuti che s’intrecciano in un dialogo che spinge all’empatia, al porsi nei panni dell’altro, a vedere con lo sguardo dell’altro, ad ampliare il proprio punto di vista. E’ trasmissione, conoscenza dell’io attraverso un tu, amicizia, stima di sé per consegnarsi ad un individuo diverso; è volontà di migrare da se stessi per avventurarsi in un mondo sconosciuto, scandagliare la propria realtà interiore lasciandosi accompagnare da un altro degno di tanta fiducia.

La mutua confidenza, fondata sulla stima reciproca, anima l’incontro e spinge a prendersi cura dell’altro, ad accoglierlo e aiutarlo nel bisogno.

L’ ”Agape” è donazione di sé, è amore disinteressato, è gratuità, creatività, incontro, convivialità, condivisione.

E’ sensibilità, tenerezza, è donarsi e lasciar donare, è esprimere e lasciare esprimere.

L’Amore lascia la libertà di aderire, condividere, senza porre o imporre ostacoli, condizionamenti, regolamenti, è proposta all’altro di completarsi nella relazione. E’ un entrare nel mondo dell’altro in punta di piedi per essere una cosa sola.

Amare se stessi, avere scoperto una propria identità con tutti i limiti della creatura umana rende possibile il dono di sé.

Altrimenti il proprio io si esalta, si sopravvaluta, utilizza l’altro ai propri fini, costringendo, esigendo, piegando tutto alla propria volontà.

Possesso, autonomia, isolamento, separazione caratterizzano il modo di agire di un individuo, che si pone come un assoluto, con schemi rigidi, immutabili, come un dio della religiosità naturale a cui va reso culto e intorno al quale tutto il mondo gira.

Donarsi diviene possibile solo lì dove si realizza un ridimensionamento dell’io. Lo specchiarsi in un altro per conoscere se stessi, può illuminare la propria realtà; lo specchiarsi in Dio, l’esaminare se stessi in un Assoluto che è Amore aiuta a cogliere di quanta affettività possessiva e nevrotica l’individuo sia capace.

Bisogna vigilare perché l’attrazione (Eros) non scada in sopraffazione, ossessività, gelosia, perché l’attaccamento e la conoscenza di sé (Filia) non si riduca ad affermazione narcisistica o in vuota dipendenza, infine, perché la comunione (Agape) tra due persone non si trasformi in dispersione.

Parliamone insieme il 4 Maggio.

l’équipe del consultorio

Pubblicato in Incontri già svolti

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