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Comunicare nella coppia: un’arte difficile

Si assiste oggi ad un’evidente contraddizione sociale: aumentano i mezzi di comunicazione, ma scade la sensibilità agli eventi e alle idee e la loro comprensione.

La società, con lo sviluppo della civiltà, è andata perdendo il linguaggio del corpo ciò che nel bambino o nella realtà dei primitivi era presente cioè la comunicazione con i gesti, con le espressioni del viso [ nel caso delle tribù primitive erano validi mezzi anche le pitture sul viso, le acconciature dei capelli, gli ornamenti ].

L’uso di tatuaggi, la circoncisione, la perforazione multipla del lobulo delle orecchie sono segni esteriori esibiti con modificazioni più o meno vistose sul corpo per testimoniare il superamento di una certa condizione esistenziale. Tali usi designano l’appartenenza ad un determinato gruppo e rappresentano quasi delle vere e proprie prove iniziatiche, che per la maggior parte indicano una specie di morte rituale seguita da una nuova nascita.

Il piercing occidentale si avvale di pratiche in uso presso le popolazioni primitive. Si forano lobi, si piantano anellini ed orecchini sull’ombelico, sulla lingua, sull’orlo del sopracciglio, sul naso: ecco le nuove frontiere dell’estetica giovanile occidentale, tentativi di mode e ricerche estreme.

Il rito del matrimonio, per alcuni versi, risulta essere un rito di passaggio da una condizione ad un’altra che, nell’immaginario collettivo, viene inquadrato in maniera statica.

La frase conclusiva delle favole ” e vissero felici e contenti” mostra chiaramente l’attesa generale di vivere la realtà matrimoniale per essere felici, ma il matrimonio è piuttosto un itinerario lungo per non essere soli, per entrare in relazione con l’altro e nella misura in cui si è autentici si può fare esperienza di felicità.

Un’altra illusione neoromantica è la visione di pensare la coppia come immersa in un’armonica intesa dove l’essere sempre vicini appaga profondamente e magicamente il bisogno esistenziale dell’altro. Invece nella realtà è importante scoprire una tensione che spinge verso l’altro; tale slancio va indirizzato perché non si tramuti in aggressione, come fonte di verbalizzazione sentimentale, emozionale, manifestandolo come desiderio espresso, come richiesta carica di attesa : “Desidero un bacio… e non Dammi un bacio” “Mi piacerebbe uscire con te ….. e non: Voglio uscire ….”.

Ancora nella vita di coppia vi è una certa illusione nel pensare ad una sorta di intensità di rapporto, come se fosse disincarnato, lontano da una dimensione umana caratterizzata anche da momenti di aridità, di chiusura, nei quali risulta più difficile, più faticoso comunicare.

La dimensione relazionale nella coppia porta i due a servirsi necessariamente del linguaggio verbale, che è un mezzo per comunicare. Non è l’unico elemento atto alla comunicazione, ma la coppia può utilizzare anche gesti, tenerezze, sguardi, espressioni, carezze, abbracci, baci, atteggiamenti per esprimere in modo più o meno chiaro quanto appartiene al mondo interiore.

Nell’amore dialogico vi è il piacere di amare, e poiché il suo scopo non è quello di sfruttare egoisticamente l’altro per provare una più intensa emozione, ma piuttosto quello di conoscere l’altro per esistere attraverso l’altro, vi è anche la ricerca concorde di attuare momenti di incontro improntati alla creatività.

Si può cadere nel monologo quando ci si preoccupa soltanto di se stesso, si crede solo alla propria verità, esiste solo il proprio mondo ideale; in una tale visione gli altri esistono soltanto per inchinarsi e confermare il proprio punto di vista.

Fare l’esperienza dell’alterità è immergersi in un mondo diverso, dove la diversità non è una mostruosità, ma ricchezza. La comunicazione si realizza non quando le barriere vengono eliminate, ma quando sono accettate come parte integrante della comunicazione.

” Non c’è modo di parlare con te, non vuoi capire” oppure espressioni di giudizio “Sei ostinato” …..” Sei un egoista”

Irrigidirsi su una propria posizione anziché esternare la propria difficoltà a comprendere l’altro crea non pochi ostacoli.

Si rende necessaria la conoscenza del proprio lessico, della propria scala di valori, della forza delle immagini che sono impresse nel proprio mondo interiore, perché nella conversazione tutto venga trasferito colorando di note personali gli argomenti trattati; così non ci si perde in banali rendiconti, intrisi di superficialità, ma piuttosto ogni conversazione genuina può essere un evento ontologico, acquistando più significato del semplice argomento affrontato.

L’utilitarismo è una civiltà del prodotto e del godimento, una civiltà delle ” cose ” e non delle ” persone “; una civiltà in cui le persone si usano come si usano le cose. Nel contesto della civiltà del godimento, la donna può diventare per l’uomo un oggetto, i figli un ostacolo per i genitori, la famiglia un’istituzione ingombrante per la libertà dei membri che la compongono [ LF n° 13]

Alla base dell’utilitarismo etico, come si sa, c’è la continua ricerca del ” massimo ” di felicità, ma di una ” felicità utilitaristica “, intesa solo come piacere, come immediato soddisfacimento a vantaggio esclusivo del singolo individuo, al di fuori o contro le oggettive esigenze del vero bene.

Il programma dell’utilitarismo, fondato su di una libertà orientata in senso individualistico, ossia una libertà senza responsabilità, costituisce l’antitesi dell’amore, anche come espressione della civiltà umana considerata nel suo insieme. Quando tale concetto di libertà trova accoglienza nella società, alleandosi facilmente con le più diverse forme di umana debolezza, si rivela ben presto come una sistematica e permanente minaccia per la famiglia. Si potrebbero citare, al riguardo, molte conseguenze nefaste, documentabili a livello statistico, anche se non poche di esse rimangono nascoste nei cuori degli uomini e delle donne, come ferite dolorose e sanguinanti. [ LF n° 14]

Molto spesso l’ansia di non avere problemi, l’inquietudine nevrotica a tenersi fuori da tutto ciò che in qualche modo viene a modificare il progetto di vita, compromette l’incontro nella coppia, che mette in gioco soltanto agitazione, scariche emotive in maniera esplosiva, innescando e suscitando reazioni a catena in cui l’emotività viene a dominare la scena. Anche questa è una forma di comunicazione, che solo apparentemente sembra ferire l’altro, ma, invece, colpisce entrambi, perché si è operato forzatamente contro l’unità.

Nulla può essere perduto, se la coppia, attraverso una seria ricognizione in se stessa, recuperando la motivazione di fondo dello stare insieme, tenta di offrirsi, mediante il perdono, l’opportunità di donarsi.

Desideriamo riflettere insieme su tali contenuti Domenica 10 Marzo 2002

Ti aspettiamo!

L’equipe del consultorio

Pubblicato in Incontri già svolti

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